Complicato, complesso, complotto

maledire-oscurita-lao-tseIl mondo è complesso e non di rado complicato. Così complicato  che molti , non riuscendo ad accettare l’imprevedibile caos che lo governa, ricorrono spesso a teorie complottistiche, o comunque fantasiose, di vario tipo e natura: immaginazioni di questo tipo almeno danno senso, e un senso facile, comprensibile, a ciò che non si capisce. 

La cronaca di questi giorni imporrebbe forse sui social network aggiornamenti di stato pensosi/preoccupati/indignati. Forse. Va da sé che mi sento pensosa/preoccupata/indignata: è chiaro da che parte sto. Ma preferisco, in linea generale,  tacere. Non per prudenza o opportunismo o, Dio ne scampi, viltà. Si tratta, piuttosto, della sensazione che tutto questo vociare non porti da nessuna parte o, per una sciagurata eterogenesi dei fini, porti esattamente dalla parte opposta a quella desiderata.

Quello che posso fare, e faccio, è studiare, leggere, prepararmi. Cercare di capire. Il mondo è complesso e non di rado complicato. Così complicato  che molti, non riuscendo ad accettare l’imprevedibile caos che lo governa, ricorrono spesso a teorie complottistiche, o comunque fantasiose,  di vario tipo e natura: immaginazioni di questo tipo almeno danno senso, e un senso facile, comprensibile, a ciò che non si capisce.

Facile, molto facile, vestire i panni della pretesa superiorità morale o intellettuale. Noi di qua, loro di là. Ma mi pare che anche questa sia una semplificazione e una scorciatoia, anch’essa inconsapevolmente  razzista : tutti buoni da una parte, tutti cattivi dall’altra. La chiamano polarizzazione. Spinoza, ripreso dal mio amatissimo Bourdieu, scriveva:

Sedulo curavi humanas actiones non ridere, non lugere, neque detestari, sed intelligere.
Ho assiduamente cercato di imparare a non ridere delle azioni degli uomini, a non piangerne, a non odiarle, ma a comprenderle.

E certo, comprendere non sempre è scontato. Soprattutto perché tutti, progressisti illuminati e barbari razzisti, meditabondi perbenisti e beceri populisti,  siamo in fondo immersi nella medesima oscurità. Per me è scontato  che nessuna forma di razzismo, sessimo, classismo debba essere sdoganata o giustificata. Ma non posso evitare di chiedermi, senza fare del facile moralismo,  perché una fetta non indifferente e trasversale di opinione pubblica sia diventata (soltanto ora?) così diffidente, incattivita e spaventata. Come affermava Guicciardini:

Spesso tra il palazzo e la piazza è una nebbia sí folta, o uno muro sí grosso, che non vi penetrando l’occhio degli uomini, tanto sa el popolo di quello che fa chi governa, o della ragione perché lo fa, quanto delle cose che fanno in India; e però si empie facilmente el mondo di opinione erronee e vane.

francesco-guicciardiniGuicciardini scriveva in tempi che non conoscevano la democrazia. Se vogliamo, oggi gli strumenti per tentare di diradare almeno un po’ questa sciagurata nebbia ci sarebbero: ma devono essere trovati, padroneggiati, affinati, mantenuti. E non c’è nessun altro modo se non fermarsi, ascoltare, leggere, studiare, confrontare, verificare.

In altri termini, ognuno scelga la rotta che vuole. Io so che la mia bussola, da sempre, è il desiderio di conoscenza, unito alla consapevolezza che, per quanto ne sappia, sarò sempre un passo indietro rispetto alla verità: quindi nessun dogmatismo, nessuna sicurezza assoluta, nessun luogo comune da difendere come se fosse un articolo di fede.   Allo stesso tempo, credo, con Lao Tse, che sia preferibile

accendere una candela, piuttosto che maledire l’oscurità.

 

Accendere una candela conduce ad ammettere i propri dubbi, a riconoscere di non avere ricette e a individuare esattamente in questa  apparente assenza di alternative praticabili (al netto dell’impegno individuale e della testimonianza singola, più o meno incazzata, più o meno urlata)  IL problema di fondo.

Accendere una candela  potrebbe significare, per esempio, scrivere questo post, nel quale rivendico molto semplicemente un ruolo che ho sempre sentito mio: quello del mediatore, ovvero di chi, avendo appreso, studiando, qualcosa da chi ne sa assai di più, non se lo tiene per sé, ma prova a condividerlo e, se è il caso, a discuterlo, nei luoghi più opportuni.

E questi luoghi potrebbero non essere più i social network, almeno in prima istanza, sebbene li frequenti, li utilizzi, li studi. A questo punto è necessaria un’ammissione: avevo cominciato questi ragionamenti scrivendo un post su facebook. Insoddisfatta, ho interrotto e sono venuta qui, a casa mia. Perché avevo bisogno di spazio per articolare una serie di riflessioni che fossero un minimo più complesse di un paio di frasi ad effetto su twitter o su fb. Certo, condividerò il post ovunque si sia mantenuta la mia presenza social. E so che qualcuno, fra i miei cinque lettori,  leggerà fino in fondo, qualcuno si limiterà al titolo. Pazienza: intanto queste parole restano qui, a disposizione.  

 

 

 

 

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