Da Dante alle primarie (passando per Vaclav Havel e il potere dei senza potere)

Concludendo il canto VI del Purgatorio (quello della celebre invettiva “Ahi serva Italia di dolore ostello,/ nave senza nocchier in gran temepesta, /non donna di province ma bordello!”), Dante si rivolge con aspro sarcasmo alla sua Firenze, accusando i suoi concittadini di pressapochismo e faciloneria politica:

Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca 
per non venir sanza consiglio a l’arco; 
ma il popol tuo l’ha in sommo de la bocca. 
      Molti rifiutan lo comune incarco; 
ma il popol tuo solicito risponde 
sanza chiamare, e grida: «I’ mi sobbarco!». 

Da brava professoressa, in questa vigilia di primarie, dopo aver assistito al balletto delle candidature, alla sceneggiata delle regole e delle deroghe, alla tormentata scelta dei nomi blindati, alle proteste indignate degli esclusi, ai rifiuti e alle entusiastiche professioni di impegno dei prescelti, più di una volta mi sono tornate in mente queste antiche parole: soprattutto quando ho visto confondersi nelle candidature buona volontà (il cui confine con il velleitarismo talvolta è impercettibile) e smania di apparire, desiderio di servizio e ambizione personale … insomma le intenzioni di molta gente che ha la giustizia sempre al sommo della bocca, tanto per riprendere Dante, e che non esita a scagliare le proprie frecce senza consiglio, ovvero senza adeguata cura e ponderazione.

La sciagurata legge elettorale che ci ritroviamo ci ha condotto a questo escamotage che prova, fra mille contraddizioni e molte opacità, a restituire ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Diciamo che le primarie sono sempre meglio della brutale nomina dall’alto di candidati scelti dalle segreterie dei partiti secondo criteri oscuri e non condivisi: com’è noto, in linea generale  i membri del parlamento appena sciolto, delegittimato già a partire dal suo insediamento, non si sono mai sentiti  vincolati al mandato dei loro elettori ma, piuttosto, al naturale sentimento di riconoscenza, dal sapore vagamente mafioso, verso chi li aveva messi lì dove stavano, indipendentemente da meriti e demeriti. Insomma persone nominate, e per di più pagate profumatamente (al massimo si poteva cambiare casacca se qualcuno pagava di più). Il risultato della “legge porcata” non poteva essere se non la diffusa reazione antipolitica e, vista la manifesta incapacità dei cosiddetti “rappresentanti del popolo”, la scelta finale di un governo “tecnico” che, in virtù di una supposta competenza “oggettiva”, ci tirasse fuori dai guai.

E adesso? Nel centrosinistra ci sono listini bloccati sui quali non esiste possibilità di obiezione. E, accanto, liste di candidati per le primarie con una varietà di situazioni a seconda delle zone: talvolta i posti in lista “sicuri” sono realmente contendibili, spesso è in atto il tentativo di manovrare il risultato in modo tale che sia comunque gradito ai vertici. Non sempre i candidati sembrano all’altezza, almeno a giudicare dalla propaganda autogestita che capita di leggere qua e là in Rete: perché non basta dire, che so, sono giovane, sono precario, sono disoccupato, sono un operario, sono un insegnante, sono una donna, sono un poveraccio qualsiasi, perché automaticamente sia dimostrata la capacità di risolvere i problemi dei giovani, dei precari, dei disoccupati, degli operai, degli insegnanti, delle donne, di tutti i poveracci qualsiasi. E non si dia l’impressione di essere stati messi in lista più per una questione di immagine che di sostanza.

Ma bisogna tener conto anche del contesto più generale nel quale si muove la macchina delle primarie. Finalmente Monti scioglie la riserva, getta definitivamente la maschera del tecnico, fa una scelta squisitamente politica e si candida ad essere il nume tutelare di un ampio schieramento centrista, sulle cui candidature, annuncia, vigilerà attentamente: oddio, per uno che non vuole essere “l’uomo della Provvidenza” (ma il sostegno del Vaticano dà l’impressione che Monti sia considerato proprio così  in quei luoghi dove questa definizione fu coniata per Mussolini, all’indomani, guarda guarda, dei Patti Lateranensi),  non c’è male come intento. Nel frattempo aspettiamo notizie più precise da Ingroia e dalla nascente lista “arancione”, in merito a programma, candidature, partecipazione, ruolo dei partiti etc etc. Infine, da un lato impazza Berlusconi, dall’altro Grillo, e ambedue non chiedono l’adesione ad un progetto politico ma una professione di fede ad personam. Di altri mi taccio, per decenza.

Sul serio, mi chiedo che razza di Parlamento uscirà da questa confusione: una mescolanza di vecchio/vecchissimo e di nuovo/nuovissimo, ma senza la garanzia che il nuovo sia sul serio competente e autonomo rispetto alle manovre e ai tatticismi dei vecchi volponi; una compresenza di nominati, la maggioranza, e di scelti tramite primarie (o parlamentarie) , talvolta vere, talvolta pilotate, talvolta patetiche (vedi M5Stelle)  e forse, chissà, non così partecipate (e quindi legittimanti) come si vorrebbe o si auspicherebbe. E mi domando se la nuova legislatura avrà davvero la possibilità di  rompere con il nostro recente passato, sia con quello indifendibile di Berlusconi, sia con quello, rassicurante e beneducato, ma non per questo meno dirompente, rappresentato da Monti e dalla sua ormai mitica Agenda o se le scelte saranno in perfetta continuità.

Siamo davvero in mezzo a un guado pericolosissimo. Per quanto mi riguarda, non vedo soluzioni facili e immediate e non credo che nemmeno le prossime elezioni garantiranno in tempi brevi la ricostituzione di uno spazio pubblico decente. Ci resta il compito di vigilare con attenzione, di denunciare le storture e le manipolazioni, di chiedere conto ogni volta, con puntiglio e consapevolezza informata, delle scelte che saranno fatte. Non dimenticando mai che non siamo sudditi ma cittadini: e questo è il segreto del potere dei “senza potere”, il granello di sabbia che potrà, alla fine, almeno spero, inceppare il meccanismo.

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