Individutopia. Un romanzo ambientato in una distopia neoliberale

Individutopia

Individutopia di Joss Sheldon

Ricordate la famosa frase di Margaret Thatcher «La società non esiste, esistono soltanto gli individui»? Vero emblema di un’epoca, punto di svolta verso una condizione dalla quale non riusciamo ad uscire, a tal punto si è incistata nelle coscienze. Ognuno per sé, ognuno in competizione con gli altri per raggiungere la vetta, sgomitando per arrivare primo, in nome della cosiddetta «meritocrazia». Se qualcuno non ce la fa, peggio per lui: l’individuo «imprenditore di se stesso» è impegnato in una quotidiana battaglia per emergere dalla massa, per conquistarsi il suo posticino al sole. Della fine che fanno gli altri, i perdenti, i tanti che arrancano, che gli importa? Cazzi loro. Se non ce la fanno, la colpa è soltanto loro: della loro lentezza, della loro mediocrità, della loro mancanza di fede. Bisogna crederci, bisogna andare avanti avanti avanti.

In poche parole è questo il vangelo neoliberista che tutti, più o meno, abbiamo metabolizzato, ciechi di fronte alle sue conseguenze logiche. Il primo posto è per pochi, e il secondo posto vale quanto l’ultimo: cioè nulla.  Per consolare la massa di essere e rimanere, appunto, massa, abbiamo i giochini social, e se i like sull’ultima nostra foto di Instagram non sono abbastanza, possiamo comprarli: siamo morti di fama aspiranti influencer,  che costruiscono dettaglio dopo dettaglio, posa dopo posa, la propria fittizia identità in Rete, svuotando se stessi per nutrire la propria ipertrofica superficialità.

Proviamo a immaginare cosa potrebbe significare portare alle estreme conseguenze  i presupposti folli che stanno guidando le nostre esistenze e ci troveremo immediatamente proiettati nella distopia neoliberale inventata da Joss Sheldon per la sua eroina Renee Ann Blanca nell’anno Domini 2084: un’eroina circondata dai suoi Io avatar acquistati a caro prezzo al mercato dei sogni, persa in un paesaggio alterato dalla chimica (perché va da sé che questa continua corsa all’autorealizzazione porta con sé depressione, ansia, stanchezza patologica), sempre di corsa da un lavoretto inutile all’altro, pagando per ogni metro che percorre affannata (perché in questa società tutto si paga, persino l’aria che si respira), accumulando debiti che non potrà mai permettersi di onorare, interagendo solo con i suoi avatar e con gli intervistatori che potrebbero offrirgli un’occupazione senza significato o un inutile stage, aggiornando compulsivamente a forza di selfie i suoi profili twitter, facebook, instagram per conquistare l’apprezzamento estasiato di followers inventati, alla fine addormentandosi in una capsula microscopica che è solo una tana solitaria. Un mondo folle governato da pochi oligarchi che manipolano la realtà, un mondo che potrebbe essere solo un’illusione, la maschera della desolazione, un variopinto sudario mortifero che nasconde miseria e macerie. Ma per quanto sia deformato secondo i tratti del genere distopico,  questo mondo opprimente, angosciante, apparentemente senza vie di uscita, pagina dopo pagina ci appare sempre più familiare, conosciuto, nostro.

Non per dire che ogni giorno sia uguale. No! Oh, no! Ogni giorno è unico. Tutti e tutto sono completamente e assolutamente unici. Renee si mette ogni giorno un trucco diverso, in modo diverso. I suoi accessori non sono mai gli stessi. Si candida sempre a posti di lavoro diversi in posti diversi. Un giorno trova tre lavori. Un altro giorno non ne trova nessuno. Si presenta a sedi in cui ci può essere lavoro, dove si annunciano posti vacanti o dove ha trovato lavoro in precedenza. Viene intervistata, rifiutata o ingaggiata. La Nestlé offre un lavoro a Renee al quinto tentativo, dopo che lei ha adeguato il proprio aspetto in diversi modi. Passa otto ore a distruggere cibo che vorrebbe tanto mangiare, ma che non si potrà mai permettere di comprare, con l’acquolina in bocca e poi inalando i suoi antidepressivi. Incerta del perché stia svolgendo quel compito, è felice di sapere che lo sta facendo bene e sogna che il suo lavoro venga premiato.

Siamo ancora in tempo a cambiare strada, se non fosse che il verbo meritocratico ci possiede con la forza irresistibile del conformismo. Seguiamo ansiosi le avventure di Renee e ci auguriamo che possa sfuggire alla trappola, perché se ci riesce lei, incastrata nella perfetta realizzazione di un individualismo che non conosce più il significato della parola «comunità», forse potremmo riuscirci anche noi. Abbiamo ancora momenti di disconnessione, gente vera con la quale parlare, e siamo persino capaci di costruire legami autentici con persone altrettanto autentiche dall’altra parte dello schermo dei nostri smartphone: possiamo addirittura provare a manipolare il sistema, seminando umanità, spezzando il vincolo perverso di questo «individualismo di massa» che ci avvelena e ci rende dipendenti. Tornando ad essere persone davvero connesse, e non atomi impazziti imprigionati in un videogioco insensato dove non è possibile vincere, anche se qualcuno ci obbliga a inseguire una vittoria immaginaria.

Joss Sheldon, Individutopia, Rebel Book, 2018 (tr.it Cinzia Rizzotto, Babelcube inc, 21/12/2018). 

Da leggere ascoltando in sottofondo Desolation Row di Bob Dylan e reinterpretazioni varie

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