L’altra vita di Floria. Operazione recupero. #1

Premessa. 

La Rete conserva ma, al tempo stesso, nasconde. Quando Splinder chiuse le trasmissioni, recuperai i miei post (otto anni di scrittura, mica noccioline) e, con qualche sforzo e patema tecnico, li trasferii su piattaforma wordpress.com. Se aprite la scheda “L’altra vita di Floria”, trovate l’archivio, un po’ disastrato, per intero. Solo che, di fatto, quel blog (che si chiama “Approssimazioni”, visto che il nome storico, “Contaminazioni”, è toccato a questo dove sto scrivendo) è invisibile, non aggiornato, congelato all’ultimo post scritto nell’ormai remoto 2011. Mi pare giusto dare il via ad un’operazione di recupero e riciclo dei contenuti ancora appetibili, visto che nell’operazione di blogging ho speso un bel pezzo di vita online.  Cominciamo da … (rullo di tamburi)

Uno sguardo diverso (29 luglio 2011)

Una vorrebbe gettare uno sguardo diverso sulle cose che accadono, uscire dalla trappola del già detto, già sentito, già immaginato, già scritto, individuare quel dettaglio invisibile ai più che potrebbe finalmente rivelare una qualche parvenza di verità. Una vorrebbe non sentirsi intrappolata nell’afasia, nella noia infinita suscitata dall’intreccio delle solite parole che si rimandano l’una con l’altra in un gioco infinito di echi, un loop inarrestabile di frasi logore, luoghi comuni, filosofie spicciole. Una vorrebbe evitare di ascoltare il solito rosario di alibi, l’abusata ripetizione di chiacchiere autoassolutorie, menzogne ed omissioni, interpretazioni e controdeduzioni, accuse e difese, scuse ed offese. Una preferirebbe persino essere esentata dall’avere opinioni su questo verminaio, sottrarsi al copione recitato da sempre in una lingua non sua. Come vanno chiamati questi desideri? Noia, accidia, disgusto, stanchezza?

Forse è soltanto l’umanissimo desiderio di non sentirsi presa per i fondelli. Quaggiù abbiamo problemi reali, far quadrare i conti, per esempio, o prevedere con sufficiente approssimazione che cosa succederà domani, quali grane, piccole o grandi, si dovranno affrontare dalla mattina alla sera, nella speranza che a fine giornata si possa dire: “ecco, non è andata poi così male”: e non sempre questa speranza viene soddisfatta. Ci sarebbe da decidere cosa fare della propria vita, ammesso che sia ancora possibile farne qualcosa. Non so, per esempio nei prossimi mesi, se tutto va nel verso giusto, traslocherò e dovrò stabllire cosa buttare e cosa tenere, ovvero quali pezzi della mia esistenza passata valgano lo sforzo di essere mantenuti nel mio particolare museo della memoria.

Cosa c’entra? C’entra con la percezione che la vita stia altrove, stia sempre stata altrove e non in questo continuo chiacchierarsi addosso del potere, ovunque esso si nasconda: e non parlo soltanto del potere politico, ma in generale di tutte quelle situazioni nelle quali qualcuno si fa scudo della sua arroganza, della sua supposta superiorità e pretesa immunità rispetto ai guai e ai guasti che affliggono le anonime esistenze di tutti noi. Penso alle maschere che ci imponiamo e imponiamo agli altri, ai ruoli che recitiamo nel teatrino della convenzioni sociali nel tentativo di convincerci che la nostra presenza non sia poi irrilevante.

Penso che ho voglia di fare altro, scrivere altro, ascoltare altro.

(Illustrazione rubata a Igor Morski, visionario illustratore polacco che merita di essere conosciuto)

 

 

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