Nè voglio sia riputata presunzione, se uno uomo di basso ed infimo stato ardisce discorrere e regolare i governi de’ Principi; perché così come coloro che disegnano i paesi, si pongono bassi nel piano a considerare la natura de’ monti e de’ luoghi alti, e per considerare quella de’ bassi si pongono alti sopra i monti; similmente, a cognoscer bene la natura de’ popoli bisogna esser Principe, ed a cognoscer bene quella de’ Principi conviene essere popolare.
Sono parole di Machiavelli, tratte dalla dedica del suo capolavoro, il Principe, a Lorenzo de’ Medici, duca di Urbino. Certo. si trattava di una professione di umiltà imbevuta di retorica: Machiavelli era caduto in disgrazia ma la sua esperienza delle vicende politiche e diplomatiche contemporanee, dato il ruolo ufficiale che aveva rivestito a Firenze, era stata in larga misura diretta, e non certo quella di di un «uomo di basso ed infimo stato». Eppure le sue affermazioni contengono un’ elementare verità: se è vero che il potere ha ogni strumento per conoscere e manipolare la natura dei popoli, gli effetti del potere sono ben noti soprattutto a chi li subisce. Ma quando il potere è miope e il popolo è accecato dalla rabbia e dall’ignoranza, i risultati non sono mai buoni.
Sono sempre più convinta che la battaglia politica fondamentale, oggi, si giochi nelle aule scolastiche: ovvero in quei luoghi dove i giovani dovrebbero acquisire gli strumenti cognitivi fondamentali per orientarsi nel mondo che cambia. Siamo nani sulle spalle dei giganti, come ammoniva Bernardo di Chartres, ma i media mainstream, la comunicazione politica e il diluvio di informazioni più o meno distorte che ci travolge dagli schermi dei nostri computer-cellulari-tablet tendono ad appiattire la nostra esperienza in una sorta di eterno presente privo sia di profondità storica che della valutazione corretta delle prospettive future. E la scuola arranca, fra incontrollate fughe in avanti e pericolose nostalgie autoritarie, in apparenza incapace di offrire un patrimonio sufficientemente omogeneo e saldo di nozioni fondamentali da conoscere comunque.
Non rimpiango la vecchia buona scuola del tempo che fu, sia chiaro. Allora la situazione era all’incirca quella evidenziata dall’infografica: non una maggioranza di analfabeti funzionali, come si dice oggi (e quella di analfabeta funzionale è una nozione che peraltro avrebbe anch’essa bisogno di essere decostruita), ma di analfabeti e basta.
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Solo che, almeno in Italia (ma non solo), la scuola si è adattata con estrema difficoltà a questa crescita veloce e impetuosa. Il risultato è la situazione attuale, dominata da quelli che potremmo definire i «semicolti» (un recente libro li annovera piuttosto in un diffuso e sconsolante sottoproletariato cognitivo) e da una diffusa ipocrisia: facciamo finta che diplomati e laureati abbiano effettivamente le competenze attestate ufficialmente dai loro titoli di studio, magari ottenuti con votazioni alte o altissime, ma quello che continua a valere, sotto sotto, per avere una ragionevole speranza di posizionarsi nei gradini più alti della scala sociale, è il capitale sociale e/o culturale già posseduto dalla famiglia, indipendentemente dalla scuola. Diplomi e lauree inflazionati e poco credibili non fanno il bene di chi li possiede senza avere le spalle ben coperte: sono solo pericolose illusioni. Si tratta di una falsa democratizzazione del sapere, quando, al contrario, ci sarebbe bisogno di una diffusione reale e capillare degli strumenti fondamentali per orientare consapevolmente le proprie scelte di cittadinanza.
Torniamo a Machiavelli. Se il potere non capisce più la lingua del popolo, e il popolo non comprende i segni e il linguaggio del potere, che razza di democrazia potrà mai esserci? Se rimaniamo chiusi nelle bolle idiosincratiche dei nostri differenti modi di essere, pensare e comunicare, come potremo recuperare un condiviso sentimento di cittadinanza? Se nemmeno la scuola ( o meglio: soprattutto la scuola) riesce a creare le condizioni minime (comprese le più elementari nozioni di educazione civica) per una reale comprensione degli elementi in gioco, come potranno gli elettori esercitare scelte consapevoli?
Scriveva Guicciardini:
Non vi maravigliate che non si sappino le cose delle età passate, non quelle che si fanno nelle provincie o luoghi lontani: perché, se considerate bene, non s’ha vera notizia delle presenti, non di quelle che giornalmente si fanno in una medesima città; e spesso tra ‘l palazzo e la piazza è una nebbia sì folta o uno muro sì grosso che, non vi penetrando l’occhio degli uomini, tanto sa el popolo di quello che fa chi governa o della ragione perché lo fa, quanto delle cose che fanno in India».
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