Un manifesto contro la facile retorica

Il mio pezzo per il Blog di “Libertà e Giustizia Val di Cornia

L’appello di Gustavo Zagrebelski “Per una stagione costituzionale. Non parole vuote, ma atti di contrizione“, che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi sul nostro blog, è uno scritto certo non facile per il lettore medio  ormai abituato a condividere su facebook e twitter facili slogan e indignazioni a misura di  click. Ma proprio per questo è indispensabile. E’ indispensabile perché prova a sottrarre la diagnosi dei mali che affliggono la nostra democrazia alla brutalità delle semplificazioni banali; perché tenta di coniugare la riflessione politica con la consapevolezza storica e con l’indispensabile cultura istituzionale,  che troppo spesso soccombono davanti alla strumentalizzazione demagogica e alla diffusa (voluta?) amnesia del nostro passato; perché si sforza di restituire alle parole il loro senso più vero, sfuggendo alla trappola della generalizzazione populista e della demagogia a buon mercato. E’ indispensabile proprio perché è difficile: perché obbliga allo sforzo della comprensione e àncora l’indignazione a qualcosa di più saldo e sicuro rispetto al meccanismo abusato e sterile degli stereotipi gridati e della rabbia impotente.

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Una risposta a Un manifesto contro la facile retorica

  1. Giada scrive:

    La nostra Costituzione è tipicamente novecentesca: scritta, lunga, rigida, garantita. E’ il compromesso di forze sociali e politiche profondamente diverse, che ritrovarono nel pluralismo il meta-valore fondamentale da porre come base della nostra Repubblica. Venne deliberatamente formulata in modo tale da durare a lungo, da adattarsi ad ogni mutamento socio-culturale dei decenni successivi ed è stata il massimo esempio di civiltà raggiunto a livello giuridico e politico negli ultimi cento anni. Il fatto che sia considerata obsoleta, che venga costantemente sottoposta a tentativi di riforma, è sinonimo o di una scarsa capacità legislativa di chi ci governa, che non è in grado di agire neppure su una base tanto variegata e multiforme, oppure del tentativo deliberato di cancellare quegli stessi spazi di libertà duramente conquistati. Niente vieta che sia sinonimo di entrambi, ovviamente. Dal mio punto di vista, negli ultimi tempi c’è stata una maggiore presa di coscienza da parte della popolazione dei fatti descritti da te e da Zagrebelsky, cosa che si è tradotta in una maggiore partecipazione ad attività di tipo politico: forse si stanno davvero gettando le basi per un cambiamento profondo… L’importante è appunto non fermarsi alla testimonianza e alla riflessione, ma come dici tu, lavorare sulle proposte e questo è molto più complicato, soprattutto perché presuppone che ci si liberi di preconcetti e sovrastrutture mentali.

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