Tifare asteroide

Stasera, alle 18.45, tornerà, TELEdico,  la mia rubrica in streaming per Puntozip.net – La cultura in un piccolo spazio: parleremo, insieme ad Annalivia Arrighi e Fabio Mundadori, dell’ultimo film di Liliana Cavani, L’ordine del tempo (su Prime), e della serie Normal People (su Rai Play).

Fine dell’annunncio. Se vi va di seguire la diretta, potrete farlo dalla pagina facebook di Puntozip, dal mio profilo (dove condividerò il video) o, se preferite da youtube (direttamente o da questo post).

Ma questo post, in realtà, serve ad altro. Il film di Liliana Cavani mi ha colpito, disorientato e anche, in verità, irritato. Di questa irritazione sono qui a rendere conto in modo più articolato di quanto non sia possibile fare durante una diretta streaming di un’oretta scarsa. La mia è una stroncatura? Sì e no, Il film è girato con grande mestiere e correttamente interpretato, in una location molto bella che mi ha fatto sperimentare una punta di invidia (chi non vorrebbe trascorrere le vacanze in una villa immersa nel verde con accesso diretto alla spiaggia?), e alla fine non è nemmeno noioso. Anzi, a modo suo, è persino divertente.

La domanda che pone a noi spettatori è molto semplice: quale sarebbe la nostra reazione se venisse annunciato il probabile prossimo impatto  con la Terra di un asteroide smarrito nell’Universo? Anaconda, così si chiama il «sasso di merda» (come lo definisce uno dei personaggi), ormai è a poche ore dal nostro pianeta: la fine del mondo incombe.

Spunto narrativo non nuovissmo, in verità. Il recente  Don’t Look Up (2021) prendeva avvio da un pretesto simile, anche se poi la vicenda si incanalava nel binario (inquietante, perché, ahimé, molto realistico) della critica e della satira sociale. Del resto anche il più vicino Il Mondo dietro di Te, pur non parlando di asteroidi, si inserisce nel filone catastrofista che, evidentemente, solletica le nostre ansie.

Viviamo in un mondo non proprio rassicurante, fra guerre, terrorismo, crisi economica, populismo dilagante, nuovi e vecchi fanatismi, stragi di vario tipo e natura, crisi climatica e ventilato ritorno di qualche nuova pandemia più nefasta di quella del Covid19. E, confessiamolo, qualche volta, di fronte all’ennesima sciocchezza della massa o prepotenza del potere, abbiamo sibilato: «Tifo asteriode! Estinguiamoci!»

Tuttavia, come la prenderemmo se l’asteroide arrivasse davvero?

I personaggio del film della Cavani, tutto sommato, affrontano il disastro annunciato con spirito e con una certa nonchalance. Sono persone di mondo, ovviamente, non più giovanissime e di certo privilegiate: ci vuole classe anche nel disastro, sia mai che l’apocalisse ci debbba trovare con un capello fuori posto. E così che fanno? Danzano sulle note di Leonard Cohen, si fanno qualche canna, rievocano i loro amori trascorsi, le occasioni perdute, i piccoli e grandi disastri delle loro esistenze, gli appuntamenti mancati, i risentimenti mai rivelati, sempre con grande urbanità, con un’aria un po’ blasé, tipica di quelli che sono comunque al di sopra delle brutture dell’esistenza, catastrofi incluse. Il tutto condito con brevi riflessioni filosofico-scientifiche sul tempo,  molto colte, o presunte tali (non manca nemmeno il riferimento alla filosofia e alla tragedia greche… ovviamente hanno fatto tutti il Classico).  Comunque, alla fine, quando Anaconda arriva, dormono pacificamente tutti, o quasi.

Mi sono chiesta, sinceramente, se la Cavani facesse dell’ironia su una certa borghesia privilegiata e progressista che, certo, di fronte a disastri, minacce e brutture, doverosamente si indigna, ma poi non si smuove di un millimetro dalla sua nicchia protetta: quella borghesia che, se il popolo gridasse sotto le sue finestre di non avere pane, esorterebbe gli affamati a mangiare brioches, beninteso solo biologiche ed ecosostenibili. Ma no,  prende i suoi personaggi e il loro piccoli drammi individuali proprio sul serio. O, se ironia c’è, è diluita in un mare di sentimentalismo solipsistico. Da questo punto di vista, il film è istruttivo, direi quasi eloquente.

Viviamo sull’orlo dell’abisso, ma fotografiamo tramonti,  impegnandoci affinché  siano poetici e, per quanto ci è possibile, instagrammabili. Rievochiamo il nostro glorioso e impegnato passato di boomer e il presente ci fa pure un po’ schifo. Soprattutto, sotto sotto, disprezziamo le nuove generazioni, dai Millennial in giù, con le loro ansie, il loro disimpegno, le loro difficoltà, la loro disperazione. Diciamo la verità: ci infastidiscono, perché la loro stessa esistenza mette in discussione l’elegiaco vagheggiamento dei nostri anni gloriosi. Anni che, a ben vedere, ci hanno condotto dritti in braccio al disastro del nostro tempo: ma sia mai che ci assumiamo delle responsabilità  nei confronti di chi ha avuto la disgrazia di arrivare dopo di noi. Aspettiamo piuttosto che la tempesta passi, ammesso che passi, facendo spallucce. E lo facciamo con deliziata inconsapevolezza: abbiamo dato, ora ci resta il gusto dolce-amaro, ma tutto sommato piacevole, della nostalgia. Amen.

Ad ogni modo, c’è un personaggio che si salva da questa palude di autoreferenzialità: quello della domestica peruviana che muore d’angoscia pensando al destino del figlio appena conosciuto e lasciato in Perù per venire a guadagnarsi da vivere crescendo la figlia d’altri. Ma il suo dramma è appena accennato e comunque i suoi datori di lavoro dimostrano la loro empatia solo con qualche frase di circostanza. Poi continuano serenamente a parlarsi addosso. 

A questo punto, mi chiedo: sono io che non capisco? Visto che il film, nonostante il suo andamento da commedia, è in grado di generare questo genere di riflessioni, magari il suo scopo era effettivamenente quello di suscitare un moto di insofferenza per i suoi candidi protagonisti… oppure no? Oppure dovremmo sentirci partecipi e coinvolti rispetto alle loro borghesissime nevrosi che trovano inattesa catarsi nell’incombere della distruzione globale? Dobbiamo prenderli sul serio, con tutte le loro lacrime, i rimpianti, i rimorsi o mandarli serenamente affanculo? 

Nel dubbio, tifo asteroide.


 

 

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